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MALATTIE OSTEOARTICOLARI

TEST DI LABORATORIO

A cura di: Stefano Meloncelli

Shojania K., Rheumatology: 2. What laboratory tests are needed? CMAJ 2000;162(8):1157-63.


Sommario


PREMESSA up.jpg

Per fare una diagnosi preliminare di patologia reumatica, il medico deve raccogliere un’anamnesi dettagliata ed eseguire un completo esame obiettivo. Non esistono test di screening per le patologie reumatiche; quindi, richiedere un gran numero di test di laboratorio ad un paziente con dolori muscolari ed articolari può portare a falsi-positivi e può fuorviare il medico portandolo ad escludere la presenza di una patologia reumatica.

Alcune tra le patologie reumatiche più comuni come l’osteoartrosi, l’artrite psoriasica ed il reumatismo dei tessuti molli possono essere diagnosticati senza test di laboratorio. Ci sono alcune indicazioni per richiedere esami di laboratorio al fine di confermare o escludere una potenziale patologia reumatica dopo aver preso in considerazione una diagnosi clinica.

Per esempio, una presunta diagnosi di LES (Lupus Eritematoso Sistemico) può essere esclusa da negatività degli ANA (anticorpi anti-nucleo) nella maggior parte dei casi, e la gotta o la pseudogotta possono essere confermate attraverso l’aspirazione del liquido articolare. D’altro lato, la presenza di fattore reumatoide non confermerà o escluderà la diagnosi d’artrite reumatoide.

Una volta che è stata fatta diagnosi di patologia reumatica, alcuni test di laboratorio possono aiutare nello stimare la prognosi o nel determinare l’estensione della patologia in vari apparati. Ad esempio, in pazienti con LES sarebbe importante determinare la presenza di patologia renale mediante esame delle urine e test dei livelli sierici di creatinina; la valutazione della proteinuria nelle 24 ore potrebbe essere necessaria in caso d’anormalità dell’esame delle urine.

Un segno prognostico di scarsa importanza nel LES, è la presenza di Ab anti-dsDNA (anticorpi contro il DNA a doppia elica), che indica un’aumentata probabilità di un coinvolgimento d’organo piu' esteso(ad esempio patologia renale o vasculite).

Nell’artrite reumatoide (AR), la presenza di un titolo elevato del fattore reumatoide può essere correlata ad un’artrite erosiva di grado severo e ad un aumentato rischio di patologie extra-articolari, come noduli reumatoidi, vasculiti o patologia polmonare reumatoide. In questo caso il medico può prendere in considerazione fin dai primi stadi della malattia farmaci anti-reumatici più aggressivi come i sali d’oro o il methotrexate.

Alcuni test di laboratorio possono essere d’aiuto nel monitoraggio di alcune patologie reumatiche. Ad esempio, la VES (velocità di eritrosedimentazione) può essere utile per monitorare la risposta alla terapia nella polimialgia reumatica, nell’arterite a cellule giganti (arterite temporale o di Horton) e nell’artrite reumatoide. Un errore comune, ad ogni modo, è quello di usare la VES come unico indice di peggioramento in queste patologie. Se c’è una discrepanza tra la risposta clinica e la VES, il medico deve considerare anche la risposta clinica per un eventuale aggiustamento della terapia.

Infine, alcuni test di laboratorio possono essere usati per monitorare la potenziale tossicità dei farmaci. Ad esempio, il monitoraggio della terapia con methotrexate richiederà test selettivi per la funzionalità epatica (AST, ALT, albumina), un test della creatinina ed un emocromo completo ogni 4-6 settimane per valutare l’eventuale citopenia e la macrocitosi. Gli usi e le limitazioni di test reumatologici specifici sono descritti a seguire.

PUNTI CHIAVE up.jpg

Non esiste nessun test di screening per le patologie reumatiche; la diagnosi si formula sulla base di un’accurata anamnesi del paziente e di un esame obiettivo completo. Talvolta gli esami reumatologici di laboratorio possono essere utili per confermare o escludere una patologia reumatica dopo aver preso in considerazione una diagnosi clinica. Una volta che è stata posta diagnosi di patologia reumatica, determinati test di laboratorio possono aiutare a stimare la prognosi o a determinare l’estensione della patologia. I test di laboratorio possono, inoltre, aiutare il medico a monitorare determinate patologie reumatiche, a guidare il trattamento o a valutare la potenziale tossicità farmacologica.

VES E PROTEINA C-REATTIVA up.jpg

La VES è la misura della percentuale di eritrociti in sospensione in una colonna di liquido. La misurazione della VES richiede circa 1 ora ed è relativamente economica come test se paragonata al test per la titolazione della proteina C-reattiva. La proteina C-reattiva è prodotta dal fegato nei periodi di infiammazione ed è rilevabile nel siero di pazienti con varie infezioni o patologie infiammatorie.

Utilizzo dei test.

Questi test non specifici sono talvolta utili nella distinzione tra condizioni infiammatorie e non infiammatorie. Ad ogni modo, non sono diagnostici e possono essere alterati in una vasta gamma di patologie infettive, neoplastiche, reumatiche e di altra natura. Una VES superiore a 40 mm/h può indicare una polimialgia reumatica o un’arterite a cellule giganti se l’anamnesi del paziente e l’esame obiettivo sono compatibili con entrambe le diagnosi. Sfortunatamente la VES può essere inferiore a 40 mm/h in più del 20% dei pazienti in queste condizioni. Questo test può essere usato per monitorare pazienti con artrite reumatoide, polimialgia reumatica ed arterite a cellule giganti, nelle quali un incremento della VES può preannunciare un peggioramento della patologia in caso di riduzione della dose di corticosteroidi. Questo nonr dovrebbe essere seguito automaticamente da un nuovo incremento della dose di corticosteroidi, ma ad esempio da un’monitoraggio clinico attento e forse da una riduzione più graduale della terapia.

Errori più frequenti.

L’uso della VES per lo screening dell’infiammazione solitamente non è utile perché la VES può aumentare in caso di anemia, infezioni ed uso di determinati farmaci come gli anti-iperlipidemizzanti. La VES aumenta, inoltre, con l’età, per cui ha un valore piu'limitato negli anziani; una VES elevata in un paziente anziano non dovrebbe spingere a compiere ulteriori analisi in assenza di sintomi clinici. La proteina C-reattiva è leggermente più specifica della VES e non aumenta in caso di anemia.

FATTORE REUMATOIDE up.jpg

Il "Fattore reumatoide" è un termine improprio, perché conferisce a questo test una specificità che in realtà non ha. Il fattore reumatoide è costituito da anticorpi della classe IgM diretti contro la regione Fc (costante) dell’IgG. La loro presenza può essere svelata con varie tecniche come l’agglutinazione con emazie di montone oppure l’uso di particelle di lattice rivestite da IgG. Sfortunatamente la misura, in molti laboratori, non è standardizzata. Il fattore reumatoide è presente nella maggior parte delle persone a bassi livelli, ma livelli più elevati si riscontrano nel 5-10% della popolazione, e questa percentuale aumenta con l'età.

Utilizzo del test.

Molte condizioni possono indurre un aumento del fattore reumatoide; solo il 60% dei pazienti con artrite reumatoide risulta positivo per esso. Ad ogni modo, un fattore reumatoide ad alto titolo può predire un corso della malattia più severo. Questo test dovrebbe essere eseguito solo se il paziente presenta evidenza di infiammazione poliarticolare per più di 6 settimane. Test ripetuti non sono utili in pazienti con artrite reumatoide o altre condizioni.

Errori più frequenti.

Questo test non è utile per lo screening. Non è specifico né sensibile: la presenza del fattore reumatoide non indica un’artrite reumatoide, né la sua assenza consente di escludere la patologia. Così, un fattore reumatoide positivo in un paziente con sintomi aspecifici può provocare indagini non necessarie.

ANA (ANTICORPI ANTI-NUCLEARI) up.jpg

Gli ANA (anticorpi anti-nucleari) sono diversi, ed alcuni hanno associazioni con patologie specifiche. Molte patologie autoimmunitarie sono associate ad una positività per gli ANA: questo è uno degli 11 criteri per la diagnosi di LES, senza il quale è virtualmente possibile escludere la patologia. Gli ANA sono positivi nel 98% dei pazienti con LES, nel 40-70% di quelli con altre patologie del connettivo, in più del 20% di quelli con tiroidite autoimmune e patologie epatiche e nel 5% di adulti sani.

Utilizzo del test.

Si dovrebbero richiedere gli ANA in caso di sospetto obiettivo o anamnestico di patologia connettivale come il LES. Il sospetto obiettivo può essere dato da fotosensibilità, rash malare, alopecia, ulcere orali, sintomi di ''sindrome sicca'', fenomeno di Raynaud, artrite infiammatoria o pleuro-pericardite. Un test positivo non dà di per sé la certezza di patologia del connettivo. Il test per gli ANA non ha valore nel monitoraggio dell’attività di malattia, perciò non va ripetuto.

Errori più frequenti.

Ad un cut-off di 1:40, il 32% della popolazione generale è positiva per ANA (il 13% è positiva al titolo di 1:80). Un basso titolo di ANA non dà problemi, per cui se anamnesi ed esame obiettivo sono negativi, non sono necessari ulteriori accertamenti relativi agli ANA.

ENA (ANTICORPI CONTRO GLI ANTIGENI NUCLEARI ESTRAIBILI) up.jpg

Gli ENA (antigeni nucleari estraibili) sono anticorpi antinucleari specifici presenti nel sangue. Dei numerosi tipi di ENA quelli per uso commerciale sono gli anti-Ro, anti-La, anti-Smith, anti-RNP e, in alcuni laboratori, anti-Jo.

Utilizzo del test.

Si dovrebbe richiedere il test per la titolazione degli ENA solo in caso di sospetta o accertata patologia connettivale con positività agli ANA ad un titolo significativo (1:160 o più). Molti test per gli ENA sono utili se positivi ed alcuni indicano la possibilità di manifestazioni della patologia più severe; ad esempio, la presenza di anti-Jo nella dermatomiosite è spesso predittiva di un’evoluzione aggressiva della malattia con patologia interstiziale polmonare ed artrite infiammatoria.

Errori più frequenti.

Solitamente questi test non vengono richiesti in prima istanza dal medico. La negatività generalmente non è utile perché la maggior parte dei test ENA hanno bassa sensibilità. Fa eccezione la negatività di anti-Ro o anti-La in una paziente gravida con LES, cosa che può associarsi ad un aumentato rischio di lupus neonatale.

DS-DNA (ANTICORPI ANTI-DNA A DOPPIA ELICA) up.jpg

Gli anticorpi diretti contro il DNA possono essere divisi in due gruppi: quelli che reagiscono con il DNA denaturato, o a singola elica, e quelli che riconoscono il DNA a doppia elica. I test per gli anticorpi anti-ssDNA hanno utilità limitata, mentre gli anticorpi anti-dsDNA sono relativamente specifici (95%) per il LES, cosa che li rende utili per porre la diagnosi. La negatività non consente di escludere la patologia, comunque, poiché gli anticorpi sono presenti solo fino al 30% dei pazienti con LES.

Utilizzo del test.

Si dovrebbe richiedere questo test solo in caso di sospetto anamnestico ed obiettivo di LES con ANA positività. Gli anticorpi anti-dsDNA sono uno degli 11 criteri per la diagnosi di LES, e la loro presenza solitamente indica una forma più severa di malattia con coinvolgimento renale o del sistema nervoso centrale. Alcuni autori suggeriscono che questo test possa essere utile nel seguire il corso clinico del LES, sebbene ciò sia tuttora motivo di discussione. La maggior parte dei reumatologi non aggiusterebbero la terapia di un paziente con un incremento isolato di anticorpi anti-dsDNA in assenza di sintomatologia clinica.

Errori più frequenti.

Questo test non dovrebbe mai essere eseguito come parte di uno screening in pazienti con sintomatologia dolorosa.

FRAZIONI C3 E C4 DEL COMPLEMENTO up.jpg

Livelli ridotti del complemento aumentano in corso di patologie da immunocomplessi come il LES, particolari forme di vasculite (crioglobulinemia mista essenziale e vasculite reumatoide), alcuni tipi di glomerulonefrite e deficit ereditari del complemento.

Utilizzo del test.

È inutile testare il complemento per screening, ma lo si può fare per monitorare l’attività di malattia in pazienti con LES; ad ogni modo questa pratica è di efficacia limitata.

Errori più frequenti.

I livelli del complemento possono riflettere l’attività di malattia in alcuni pazienti con accertata vasculite o LES; il 10-15% dei pazienti caucasici con LES presenta un deficit ereditario del complemento. Tests ripetuti in questo tipo di pazienti non sono di alcuna utilità.

ANCA (ANTICORPI DIRETTI CONTRO IL CITOPLASMA DEI NEUTROFILI) up.jpg

Gli anticorpi diretti contro il citoplasma dei neutrofili sono autoanticorpi diretti contro i costituenti citoplasmatici dei granulociti. Sono rivelati mediante immunofluorescenza indiretta su neutrofili fissati su etanolo e producono una caratteristica fluorescenza citoplasmatica (c-ANCA) o perinucleare (p-ANCA).

Gli ANCA si presentano caratteristicamente nelle sindromi vasculitiche, i c-ANCA, in particolare, in più del 90% dei pazienti con granulomatosi sistemica di Wegener (con coinvolgimento renale o polmonare), nel 75% di granulomatosi di Wegener limitata (senza coinvolgimento renale) e nel 50% dei pazienti con poliarterite microscopica.

I c-ANCA sono anticorpi diretti contro la proteina 3. La presenza dei c-ANCA è specifica per il 98% per queste patologie; cambiamenti nel livello di questi precedono spesso un peggioramento della malattia e possono indirizzare nel trattamento.

I p-ANCA sono presenti in una vasta gamma di patologie. Sono diretti contro i costituenti citoplasmatici dei neutrofili come mieloperossidasi, lactoferrina, elastasi ed altri antigeni non meglio specificati. Titoli positivi di p-ANCA sono totalmente aspecifici; solo gli anticorpi diretti contro la mieloperossidasi hanno associazioni significative con patologie reumatiche.

Utilizzo del test.

Il test dei c-ANCA può essere utile per confermare la diagnosi di granulomatosi di Wegener, poliarterite microscopica o glomerulonefrite a semilune idiopatica. Ha una specificità del 98% in questi casi ed un’alta sensibilità per la granulomatosi di Wegener diffusa con coinvolgimento renale, ma è meno sensibile per la forma limitata senza coinvolgimento renale.

Un test c-ANCA positivo in un paziente con tipica granulomatosi di Wegener può evitare la biopsia. Il test per p-ANCA è inutile, eccezion fatta per gli anticorpi anti-mieloperossidasi che possono presentarsi in diverse patologie correlate: la sindrome di Churg-Strauss, la glomerulonefrite a semilune e la poliarterite microscopica.

Errori più frequenti.

Un medico di base avrà raramente bisogno di richiedere questo test; è di ausilio nella diagnosi e nella terapia solo in un piccolo numero di pazienti in condizioni relativamente rare, e nello screening di pazienti con sintomi aspecifici può dare molti falsi positivi.

ACIDO URICO SIERICO up.jpg

Utilizzo del test.

Questo test è utile nel monitoraggio dell’entità dell’iperuricemia in pazienti gottosi sotto terapia. La prevalenza di iperuricemia asintomatica tra gli uomini è del 5-8%, e meno di 1 su 3 persone iperuricemiche svilupperanno la gotta. L’iperuricemia asintomatica non consente di porre diagnosi di gotta e non va trattata finchè i livelli sierici di acido urico non siano persistentemente al di sopra di 760 micromoli/litro (12,8 mg/dl) per gli uomini e 600 micromoli/litro (10,0 mg/dl) per le donne. A questi livelli si ha un rischio incrementato di complicazioni renali.

Errori più frequenti.

Il test dell’acido urico sierico viene spesso richiesto in pazienti con monoartrosi acuta. Sfortunatamente ciò non sarà di aiuto nella diagnosi a causa dell’alta prevalenza dell’iperuricemia asintomatica e per il fatto che nel 10% dei pazienti con gotta acuta, i livelli sierici di acido urico sono normali. Una diagnosi di gotta acuta può essere posta con certezza esclusivamente mediante aspirazione del liquido intra-articolare per confermare la presenza di cristalli di urato alla luce polarizzata.

ANTIGENE LEUCOCITARIO UMANO B27 up.jpg

L’antigene leucocitario umano (HLA) B27 è presente nel sangue del 5-8% della popolazione generale, ma nel 95% dei bianchi e nel 50% dei neri affetti da spondilite anchilosante. È inoltre presente nel 50-80% dei pazienti affetti da altre varietà di spondiloartropatie sieronegative come l’artrite reattiva (sindrome di Reiter), l’artrite psoriasica con spondilolisi e la spondilolisi associata a patologie infiammatorie intestinali.

Utilizzo del test.

Questo test non ha valore diagnostico in pazienti con dolore alla schiena. In aggiunta non è necessario per confermare la diagnosi di spondilite anchilosante sebbene, raramente, può essere utile per pazienti che hanno una presentazione atipica della patologia. Titolare l'antigene HLA-B27 può essere utile in pazienti con uveite acuta unilaterale con dolore alla schiena ma in assenza di sacroileite visibile alla radiografia e in caso di giovani donne con recente insorgenza di dolore alla schiena di tipo infiammatorio in assenza radiologica di sacroileite. Le donne con spondilite anchilosante presentano un quadro radiologico pelvico nella norma più frequentemente degli uomini, per cui la diagnosi risulta più difficile da porsi.

Errori più frequenti.

Richiedere routinariamente il test dell’antigene HLA-B27 a pazienti con dolore alla schiena non specifico darà luogo a molti falsi positivi, con relative errate diagnosi. Poiché un parente di primo grado di un paziente con spondilite anchilosante ha solo il 10-20% di probabilità di sviluppare la malattia, i parenti asintomatici di un paziente non dovranno essere testati per l’antigene HLA-B27. Un test positivo inoltre potrà limitare la possibilità di ottenere un’assicurazione sulla vita o sull’infortunio. Non ci sono misure preventive da applicare in caso di risultato positivo in paziente asintomatico.

LIQUIDO SINOVIALE up.jpg

Il liquido sinoviale, ottenuto mediante aspirazione intra-articolare, si esamina visivamente per quanto riguarda la viscosità e viene testato per la conta e la differenziazione delle cellule, la colorazione di gram, i batteri e la presenza di cristalli sotto la luce polarizzata.

Valutazione dei leucociti polimorfonucleati.

La valutazione dei leucociti polimorfonucleati nel liquido sinoviale è basilare nell’indagare una monoartrite acuta infiammatoria al fine di diagnosticare un’artrite settica o una patologia da deposizione intra-articolare di cristalli. Una conta dei leucociti con valori inferiori a 2000 x 10 9/L indica assenza di infiammazione. L’effusione infiammatoria è spesso accompagnata da una conta leucocitaria di 2000 x 10 9/L – 50000 x 10 9/L, mentre le artriti infiammatorie presentano leucociti superiori a 50000 x 10 9/L, con prevalenza di neutrofili.

Altri test importanti in casi particolari sono la ricerca e la coltura del Mycobacterium Tubercolosis, la coltura dei miceti o l’esame citologico. Un esame per la ricerca di cristalli dovrebbe essere condotto usando un campione fresco di liquido articolare, specialmente in caso di ricerca di cristalli di pirofosfato diidrato di calcio. I cristalli di urato monosodico osservati nella gotta sono aghiformi ed hanno una forte birifrangenza negativa, mentre i cristalli di pirofosfato diidrato di calcio della pseudogotta sono di forma romboide e a birifrangenza debolmente positiva.

Errori più frequenti.

L’errore più grande consiste nel non eseguire l’aspirazione del liquido articolare, necessario per porre diagnosi di sinovite da infezione o da deposizione di cristalli. La colorazione di gram e la coltura non sono necessari se il liquido non appare infiammatorio in origine (trasparente, ad alta viscosità) oppure quando non si sospetta affatto l’artrite settica. I test chimici (glucosio, LDH, proteine) del liquido sinoviale non sono utili per porre tali diagnosi.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI up.jpg


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